Ritorno in Italia

















































































Ho la testa come un hard disk pieno, devo “scaricare” le informazioni raccolte, le idee, le considerazioni.
Mi sembra tutto così strano! Siamo rientrati da poco più di 24 ore, dopo 10 giorni di Mozambico e una trentina di ore di viaggio. Nell’ultimo tratto, in treno, sembravo uno zombie.
Scorro gli appunti che uso per tenere questo diario, guardo le foto, ho qualche video girato con il cellulare, poi esco con l’automobile. Ma sono 10 giorni che in Mozambico viaggio tenendo la sinistra e mi sento confuso.
Ad Alcatraz mi chiedono come sto, come è andata, cosa abbiamo fatto, chi abbiamo incontrato. Jacopo vuole sapere ma gli chiedo di vederci nel pomeriggio, di dedicarmi qualche ora del suo tempo perché ho molto da raccontargli.
Mamma Avenida, i ragazzi Machaka, il Teatro do Oprimido, Vitor Raposo, e poi le visite nei villaggi.
E quella bambina nel villaggio di Quirindi! Ci ha guardato, ha indicato la bottiglietta dell’acqua e quando gliela abbiamo data l’ha abbracciata come fosse il regalo più bello.
Sì, questo sarà il ricordo della missione, non dimenticherò la scena e ora ho capito cos’è il “mal d’Africa”: è quella sensazione che provi appena tornato, la sensazione che anche lì ti sei sentito un po’ a casa.
